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Visualizzazione dei post da 2016

16 novembre, Santa Geltrude (Gertrude) la Grande, vergine (memoria facoltativa) - ufficio delle letture

La Liturgia delle Ore ci presenta una passo del Legatus Divinae Pietatis , "L'Araldo del Divino Amore", noto anche come "Rivelazioni di S. Gertrude", testo in cinque libri dei quali solo il secondo, dal quale è tratta la lettura, redatto nel 1289, è di mano di Gertrude. Il c. XXIII è un ringraziamento che presenta una sintesi dei favori da lei ricevuti. XXIII. Gratiarum actio, cum expositione diversorum beneficiorum, quam cum orationibus tam praecedentibus quam subsequentibus statutis temporibus prout potuit devotius legere consuevit. 1. Benedicat tibi anima mea, Domine Deus, Creator meus; benedicat tibi anima mea et ex medullis intimarum mearum confiteantur tibi miserationes tuae, quibus incontinentissima pietas tua tam indebite circumvenit me, [o dulcissime amator meus]. Gratias ago, ut undecumque possum, immensae misericordiae tuae, cum qua laudans glorifico longanimem patientiam tuam, qua dissimulasti, cum annos omnes infantiae et pueritiae, adulescenti

Esaltazione della S. Croce, ufficio delle letture

Nel discorso I per la festa dell'Esaltazione della S. Croce di S. Andrea di Creta, si legge un passo che non risulta immediatamente perspicuo (PG 97, 1020D): Διὰ τοῦτο μέγα τι χρῆμα καὶ τίμιον ὁ σταυρός. Μέγα μὲν, ὅτι πολλὰ δι'αὐτὸν τῶν ἀγαθῶν κατωρθώθη, καὶ τοσούτῳ πολλὰ, ὅσῳ καὶ τὰ Χριστοῦ θαύματα καὶ παθήματα κατὰ παντὸς ἔχει λόγου τὰ νικητήρια. Il problema è come intendere κατὰ παντὸς ἔχει λόγου τὰ νικητήρια. Gretser - Combefis : Magna igitur et pretiosa res crux est. Magna quidem, quia multa per ipsam bona effecta sunt; et tanto plura quanto magis Christi miraculis et cruciatibus potiores partes tribuendae sunt. LO : È dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. Qui LO sembra dipendere dalla traduzione latina di PG (come probabilmente avviene spesso), ovviamente confondend

Natività della B. V. Maria, ufficio delle letture

Di Andrea di Creta (per una breve nota biografica si veda qui ) ci restano quattro omelie per la festa della Natività di Maria, che apre l'anno liturgico bizantino. LO ci propone alcuni passi della I (PG 97, 806-810): in quanto primo evento connesso direttamente con l'incarnazione, la nascita di Maria rappresenta una pietra di confine tra Antica e Nuova Alleanza, prefigurazione e realizzazione, legge e grazia, lettera e spirito. […] Τέλος γὰρ νόμου, Χριστός· οὐ μᾶλλον ἡμᾶς ἀπάγων τοῦ γράμματος, ὅσον ἐπανάγων ἐπὶ τὸ πνεῦμα. Τοῦτο γὰρ ἠ τελείωσις, κατὰ αὐτὸς ὁ τοῦ νόμου δοτὴρ ἅπαντα συμπεράνας, ἐπὶ τὸ πνεῦμα τὸ γράμμα μετήνεγκεν, ἀνακεφαλαιώσας εἰς ἑαυτὸν τὰ πάντα, καὶ διαιτήσας νόμῳ τῇ χαριτι. Καὶ τὸν μὲν ὑποζεύξας, τὴν δὲ συνάψας ἐναρμονίως· οὐ φύρας τὰ θατέρου πρὸς θάτερον ἴδια, μετοχετεύσας δὲ καὶ λίαν θεοπρεπῶς, ἐπὶ τὸ κοῦφόν τε καὶ ἐλευθέριον ὅσον δυσαχθές τε καὶ δοῦλον, καὶ ὑποχείριον· ἵνα μηκέτι ὦμεν ὑπὸ τὰ στοιχεῖα τοῦ κόσμου δεδουλωμένοι, καθώς φησιν ὁ Ἀπόστολος, μηδὲ

Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario, ufficio delle letture

In effetti la Lettera di Barnaba è uno scritto non facile, denso, anche oscuro. Pertanto la traduzione LO si preoccupa giustamente di chiarirlo... in modo che davvero non si capisca più nulla! Così si legge sul breviario: "Tre sono le grandi realtà rivelate dal Signore: la speranza della vita, inizio e fine della nostra fede; la salvezza, inizio e fine del piano di Dio; il suo desiderio di farci felici, pegno e promessa di tutti i suoi interventi salvifici." (1,6) Sfido chiunque a capirci qualcosa. Il greco dice: Τρία οὖν δόγματά ἐστιν κυρίου· ζωῆς ἐλπίς, ἀρχὴ καὶ τέλος πίστεως ἡμῶν, καὶ δικαιοσύνη, κρίσεως ἀρχὴ καὶ τέλος, ἀγάπη, εὐφροσύνης καὶ ἀγαλλιάσεως ἔργων ἐν δικαιοσύνῃ μαρτυρία. Così traduce Omero Soffritti ( La Lettera di Barnaba , EP 1974, p. 68): "Ordunque, tre sono i principi del Signore: speranza di vita [è] inizio e fine della nostra fede; giustizia, inizio e fine di giudizio; amore di gioia e d'allegrezza (=amore gioioso), testimonianza di op

9 agosto, festa di Santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, vergine e martire, compatrona d'Europa (1891-1942), ufficio delle letture

Nel novembre del 1940 la Priora del Carmelo affida a sr. Teresa Benedetta della Croce il compito di fare uno studio su S. Giovanni della Croce, per la ricorrenza del 400.mo della nascita del dottore carmelitano (1542). La Stein ci lavorò fino al momento del suo arresto, il 2 agosto del 1942. Per tale motivo, lo scritto - Kreuzeswissenschaft . Studie über Joannes a Cruce , in italiano conosciuto come Scientia Crucis - non ebbe una revisione complessiva e può considerarsi relativamente incompiuto. Lo studio su S. Giovanni della Croce è per lei occasione per continuare ad approfondire la sua filosofia della persona, su ciò che significa "io, libertà, persona". Al centro del libro sta il simbolo della croce, che occupa un posto centrale nello stesso percorso esistenziale della Stein. Non per caso il suo nome in religione era "della Croce": ella avrebbe accettato la sofferenza e la morte come partecipazione alle sofferenze del Cristo. La traduzione LO, tanto per ca

SS. Trinità, ufficio delle letture

Le quattro epistole scritte durante il terzo esilio (356-362) da Atanasio a Serapione, vescovo di Thmuis (delta del Nilo), riguardano la dottrina dello Spirito Santo. Atanasio vi combatte l'idea (eretica) secondo la quale lo Spirito Santo è creatura, una sorta di primo Angelo. L' epistola I ha questa struttura: A prologo B1 confutazione dell'esegesi ereticale di alcuni passi della Scrittura B2 confutazione teologica delle posizioni ereticali C1 insegnamento della Scrittura sullo Spirito Santo C2 insegnamento della tradizione sullo Spirito Santo D epilogo. La lettura LO è tratta dalla sezione C2 (nn. 28-32), esposizione della dottrina teologica sullo Spirito Santo. Atanasio illustra la dottrina trinitaria, ove si tratta di tenere in equilibrio da un lato l'unità, per la quale tutto è ugualmente divino, unica l'operazione: la Trinità è "identica in se stessa e indivisibile nella natura, unica nella sua operazione" (ὁμοία δὲ ἑαυτῇ καὶ ἀδιαίρετός ἐστ

Pentecoste, ufficio delle letture

A partire dal c. 16 del libro III del suo ponderoso tomo antignostico « Contro le eresie », scritto in greco ma arrivato a noi per la maggior parte in traduzione latina, Ireneo espone la sua cristologia. Per gli gnostici, il Cristo non va identificato con Gesù: egli è un essere ( eone ) celeste rivelatore che, disceso su Gesù, ha abitato temporaneamente in lui. Si tratta di un'idea ripresa anche da correnti esoteriche e neognostiche moderne. Una citazione per tutte, dal maestro spirituale di origine macedone Omraam Mikhaël Aïvanhov (1900-1986): «Il Cristo, che è il secondo aspetto di Dio stesso, non ha mai preso sembianze fisiche. Egli entra semplicemente nelle anime e negli spiriti che sono pronti a riceverlo e a fondersi in Lui. Gesù, dunque, come tutti gli altri grandi maestri dell'umanità e i fondatori di religioni, dovette percorrere un lungo cammino prima che quello spirito discendesse in lui. Se è stato chiamato "Gesù Cristo", non è perché egli "era il Cri

Ascensione del Signore, ufficio delle letture

Per l'Ascensione LO propone i nn. 1 (completo) e 2 (parziale) di un sermone di Agostino (263/A). Riporto la conclusione del n. 2, omessa da LO, che completa l'argomentazione (traduzione NBA). Il n. 3 vuole poi rispondere a una obiezione dei Manichei, tesa a mostrare come Gesù non poteva essere asceso con il corpo. Il n. 4 è una digressione sul significato del numero 40. Dai Discorsi di sant'Agostino, vescovo (sull'Ascensione del Signore, ed. A. Mai 98,1-2; PLS 2,494-495) Ascensione del Signore (Discorso 263/A). 1. Oggi il Signore nostro Gesù Cristo è asceso al cielo: salga con lui anche il nostro cuore. Ascoltiamo le parole dell'Apostolo: "Se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose del cielo, dov'è Cristo, assiso alla destra di Dio: aspirate alle cose di lassù e non a quelle della terra" (Col 3,1-2). Come infatti egli è asceso al cielo ma non si è allontanato da noi, così anche noi siamo già lassù con lui, benché ancora non si sia realizzat

VI domenica di pasqua, ufficio delle letture

Il commento di Cirillo Alessandrino alla 2Cor è andato perso, come altre sue opere esegetiche. Ce ne sono arrivati soltanto alcuni frammenti attraverso le "catene", ovvero quei testi nei quali per ogni passo di un dato libro biblico si riportavano commenti di diversi autori. Per la VI domenica del tempo pasquale ci è proposto uno di questi frammenti, dove Cirillo commenta 2Cor 5,16-18: «Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione.»  «Alla maniera umana»: così la versione CEI traduce κατὰ σάρκα, letteralmente «secondo la carne», in maniera carnale. Gran parte del discorso ruota attorno a questo, e Cirillo spiega come per «carne» intenda

Enrico IV

"Pazzia", parola vecchia, generica e maltrattata: tutto quanto esce dalle proprie visuali non è stato - ed è tuttora - etichettato come tale? Gesù stesso, e gli apostoli, non sono stati ritenuti pazzi? Più modernamente e tecnicamente diciamo: "malattia mentale". Rimane il fatto che pone da sempre grandi sfide. Non soltanto quelle legate alla possibilità di una terapia (questioni già ardue e spesso insolute - il personaggio del dottore "alienista" non fa qui gran figura), ma anche quelle che riguardano non soltanto i pazzi e chi li voglia curare, ma gli uomini tutti indistintamente. Se ogni anomalia reca implicita la domanda sulla regola, la pazzia pone la questione della normalità, la quale implica a sua volta almeno tre problemi enormi: la questione della mente (quando funziona bene?); la questione della realtà e della sua percezione (qual è la realtà?); la questione dell'identità (chi sono io? chi sei tu?). Sono le questioni intorno alle quali ruota

V domenica di pasqua, ufficio delle letture

Il sermone 53 di Massimo di Torino (così numerato in CCL, mentre in PL 57 è il n. 57) è centrato sul v. 24 del salmo 118 (117 nella Vulgata , e nella liturgia), salmo pasquale per eccellenza: Haec dies, quam fecit Dominus: exsultemus et laetemur in ea («questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso»). Il giorno fatto dal Signore è la domenica della risurrezione. LO omette interamente il n. 3, che parla del sole, e questo non disturba. Al n. 2 è tagliata l'obiezione che dà origine a un lungo sviluppo: questo 'giorno' è terreno e pertanto non può riguardare gli inferi né il cielo. Con tre citazioni (Gv 1,9; Is 9,2; Sal 89,30) Massimo mostra invece come tutte e tre le dimensioni - cielo, terra, sotterra - siano illuminate da questa luce senza tramonto, e si sofferma in particolare a sviluppare l'idea di Cristo come «giorno del cielo». LO taglia le tre citazioni, nonché la successiva, di Sal 19,3 («il giorno al giorno nel trasmette la paro

Medea

Medea , di Seneca, regia di Paolo Magelli, Fabbricone, Prato, 5-10 aprile 2016. Bello spettacolo, questa Medea di Magelli, e di grandissima attualità per questo tempo segnato da disgregazione familiare e troppo frequenti cronache di (ex) coniugi e figli uccisi, tempo di figli voluti ad ogni costo e figli rifiutati; di rapporti difficili tra maschile e femminile, tra popoli diversi, vicini e lontani, di mare che a un tempo unisce e separa, dà morte e dà vita. Mito inquietante e poliedrico, che ci trascina nelle molte facce dell'animo umano, di noi stessi; come tutti i miti che la mitologia classica ci ha consegnato, ma forse più di altri, come mostra la quantità di confronti, commenti e riletture che ha avuto. A dire il vero, la rilettura di Seneca risulta in ombra, o anche francamente sbeffeggiata. Non c'era da aspettarsi, da questo punto di vista, molto di diverso. Seneca è fondamentalmente un filosofo, e particolarmente un filosofo morale, ovvero uno che si pone la domanda

IV domenica di pasqua, ufficio delle letture

Per questa domenica LO ci propone il commento di Gregorio Magno a Gv 10,11-16 ( Homiliae in Evangelia 14). La prima parte dell'omelia, omessa, parla dei pastori e dei mercenari, mentre la seconda, con tagli segnalati dalle parentesi quadre, delle pecore. La traduzione italiana è di Ovidio Lari, EP 1968, che proprio in quell'anno fu nominato vescovo di Aosta. Dalle Omelie sui Vangeli di san Gregorio Magno, papa (Om. 14,3-6; PL 76,1129-1130) 3. (...) [Ma il Signore, dopo aver denunciato le colpe del falso pastore, ci presenta ancora il modello, quasi lo stampo nel quale noi dobbiamo formarci; dice infatti:] «Io sono il buon Pastore». Poi aggiunge: «Io conosco - cioè amo - le mie pecore, e le mie pecore conoscono me». E' come se dicesse: le anime che mi amano, mi obbediscono, perché chi non ama la verità non la conosce ancora. 4. Ora che avete udito, fratelli carissimi, il pericolo in cui siamo noi pastori d'anime, pensate a scoprire nelle parole del Signore anche

III domenica di pasqua, ufficio delle letture

Celebre questo testo di Giustino, fonte molto importante per la storia della liturgia eucaristica. Siamo intorno all'anno 150. LO omette l'inciso di 66,4, dove Giustino parla del Mitraismo, che considera (come altri elementi della religione pagana) una maligna contraffazione del Cristianesimo. Come ebbe a insegnare Benedetto XVI: "Nel complesso la figura e l’opera di Giustino segnano la decisa opzione della Chiesa antica per la filosofia, per la ragione, piuttosto che per la religione dei pagani. Con la religione pagana, infatti, i primi cristiani rifiutarono strenuamente ogni compromesso. La ritenevano idolatria, a costo di essere tacciati per questo di «empietà» e di «ateismo». In particolare Giustino, specialmente nella sua prima Apologia, condusse una critica implacabile nei confronti della religione pagana e dei suoi miti, considerati da lui come diabolici «depistaggi» nel cammino della verità. La filosofia rappresentò invece l’area privilegiata dell’incontro tra pag