Esaltazione della S. Croce, ufficio delle letture

Nel discorso I per la festa dell'Esaltazione della S. Croce di S. Andrea di Creta, si legge un passo che non risulta immediatamente perspicuo (PG 97, 1020D):
Διὰ τοῦτο μέγα τι χρῆμα καὶ τίμιον ὁ σταυρός. Μέγα μὲν, ὅτι πολλὰ δι'αὐτὸν τῶν ἀγαθῶν κατωρθώθη, καὶ τοσούτῳ πολλὰ, ὅσῳ καὶ τὰ Χριστοῦ θαύματα καὶ παθήματα κατὰ παντὸς ἔχει λόγου τὰ νικητήρια.
Il problema è come intendere κατὰ παντὸς ἔχει λόγου τὰ νικητήρια.

Gretser-Combefis: Magna igitur et pretiosa res crux est. Magna quidem, quia multa per ipsam bona effecta sunt; et tanto plura quanto magis Christi miraculis et cruciatibus potiores partes tribuendae sunt.
LO: È dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo.

Qui LO sembra dipendere dalla traduzione latina di PG (come probabilmente avviene spesso), ovviamente confondendo ulteriormente le idee rispetto a una traduzione giù fumosa. Io tradurrei così:

Perciò la croce è un bene grande e prezioso. Grande, perché per suo mezzo abbiamo ricevuto doni tanto più immensi, quanto più anche i miracoli e le sofferenze di Cristo la vincono su ogni possibile discorso.

Ciò che avviene sulla croce, la sofferenza e la morte del Logos incarnato, è un prodigio indicibile, che ἔχει τὰ νικητήρια - riporta vittoria, vince - κατὰ παντὸς λόγου - contro ogni discorso -. Per un modo di esprimersi simile si veda Gregorio di Nissa, Encomium in XL martyres II, PG 46, 776A.

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