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Visualizzazione dei post da maggio, 2009

30 maggio 2009 - Pentecoste, messa vigiliare

Gioele 3,1-5. Il brano di Gioele apre la seconda parte del libro, centrata sull'annunzio del grande "giorno del Signore" (cc. 3-4), caratterizzato in primo luogo da una effusione dello Spirito di Dio su tutto Israele, la cui estensione è illustrata mediante il ricorso a tre coppie di termini. Lo Spirito sarà effuso senza distinzione di sesso (figli e figlie), età (anziani e giovani) e condizione sociale (schiavi e schiave). Tutti saranno profeti, in grado di decifrare correttamente l'azione di Dio nella storia. Ciò è indispensabile, proprio perché il giorno del Signore imminente distruggerà il vecchio ordine per stabilirne uno nuovo. L'evento carismatico è accompagnato da segni cosmici, espressione di uno sconvolgimento che riguarda la totalità della vita dell'uomo (cielo e terra). I grandi corpi celesti, che rappresentano per eccellenza la stabilità del quadro entro il quale la vita umana si svolge, saranno sconvolti. Il mondo propriamente umano, la terra, ve

Frankenstein, Prometeo moderno

Frankenstein, o il Prometeo moderno: il romanzo scritto dall'inglese Mary Shelley nel 1818 continua a mostrarsi fecondo. Ne ha tratto ispirazione Stefano Massini, che ha scritto e diretto l'omonimo allestimento andato in scena al teatro Fabbricone in prima assoluta dal 5 al 17 maggio 2009. Il compito di un adattamento teatrale si presentava assai complicato ed è stato ben svolto, prima di tutto grazie all'abbondante uso di proiezioni che hanno creato atmosfere suggestive e conferito centralità alla creatura del dottor Victor von Frankenstein, e al suo volto. La lettura di Massini si propone di privilegiare proprio tale punto di vista, consentendo una originale presa di visione della problematica vicenda dello scienziato illuminista proteso verso l'impossibile meta della vittoria sulla morte. "Riprovàte!", ripete ossessivamente il giovane Victor ai medici che gli annunziano l'inutilità di ulteriori sforzi nella cura della madre oramai morente: un grido che

Terra e cielo

Un pensiero di S. Agostino, dall'ufficio delle letture della festa dell'Ascensione (Sermo 263/A, De Ascensione Domini, 1): Cur non etiam nos ita laboramus in terris, ut per fidem, spem, caritatem, qua illi conectimur, iam cum illo requiescamus in caelis? Ille, cum ibi est, etiam nobiscum est; et nos, cum hic sumus, etiam cum illo sumus. Illud ipse et divinitate et potestate et dilectione; hoc autem nos, etsi divinitate non possumus sicut ipse, dilectione tamen possumus, sed in ipsum. Perché anche noi, qui in terra, non ci adoperiamo a far sì che, per mezzo della fede, della speranza e della carità che ci uniscono a lui, già riposiamo con lui nei cieli? Cristo, pur essendo nei cieli, è anche con noi; e noi, pur stando qui in terra, siamo anche con lui. Egli lo può fare per la divinità, la potenza e l'amore; noi, anche se non possiamo farlo per la divinità come lui, tuttavia lo possiamo con l'amore, però in lui. Esiste un legame tra noi sulla terra e Cristo in cielo, per

Servi o cavalieri

Wer dient, sagt: "Ich bin nicht für mein Behagen da, sondern für einen Menschen oder für eine Sache oder für eine Aufgabe". Und nun scheiden sich die Wege: Knechtsdienst oder Ritterdienst. Der Knecht dient, weil er Lohn will oder weil er gezwungen wird. Der Ritterliche dient, weil es einer großen Sache gilt, unabhängig von Vorteil und Zweck. Daß die Sache siege, das ist sein Wille. Er dient nicht gezwungen, sondern aus freier Hingabe. Chi serve dice: "Non sono qui per il mio piacere, ma per una persona, per una cosa, per un compito". E ora le strade si dividono: servizio da servo o da cavaliere. Il servo serve per essere ricompensato o perché costretto. Il cavaliere perché c'è in gioco una grande causa, indipendentemente da vantaggio e interesse. Che la causa vinca, questo è il suo volere. Non serve costretto, ma per libera dedizione. (Romano Guardini, Briefe über Selbstbildung - Lettere sull'autoformazione)

17 maggio 2009 - VI domenica di pasqua

Atti 10,25-27.34-35.44-48. La lettura racconta un crocevia importante nel cammino del Vangelo: il momento in cui i pagani entrano nella Chiesa. L'incontro tra Pietro e Cornelio è preceduto da una laboriosa preparazione, della quale Dio si incarica sia presso Cornelio (10,1-8) che presso Pietro (10,9-23), rappresentanti dei due poli dai quali dovrà scoccare la nuova scintilla: i discepoli, portatori del Vangelo, e i pagani, di fronte ad esso ben disposti. Qui c'è già un messaggio: l'abbattimento della barriera che Dio ha costruito, la separazione d'Israele rispetto agli altri popoli, non può venire da altri che da Dio stesso. Non si tratta della personale iniziativa di nessuno, Pietro, Paolo o altri. Non è infatti un'abolizione ma un superamento; non implica la semplice distruzione dell'ordinamento precedente ma il suo compimento. Dio ha operato una scelta, una elezione: ha scelto Israele. Il fatto che "la salvezza venga dai giudei" (Gv 4,22) rimane per

Il mondo futuro

Πρὸς οὖν τὸν ἐξ ἀναστάσεως βίον καταρτίζων ἡμᾶς ὁ Κύριος, τὴν εὐαγγελικὴν πᾶσαν ἐκτίθεται πολιτείαν, τὸ ἀόργητον, τὸ ἀνεξίκακον, τὸ φιληδονίας ἀῥῥύπωτον, τὸ ἀφιλάργυρον τοῦ τρόπου νομοθετῶν· ὥστε ἅπερ ὁ αἰὼν ἐκεῖνος κατὰ τὴν φύσιν κέκτηται, ταῦτα προλαβόντας ἡμᾶς ἐκ προαιρέσεως κατορθοῦν. Εἰ τοίνυν τις ὁριζόμενος εἴποι τὸ Εύαγγέλιον εἶναι τοῦ ἐξ ἀναστάσεως βίου προδιατύπωσιν, οὐκ ἄν μοι δοκῇ τοῦ προσήκοντος ἁμαρτεῖν. Rendendoci atti a quella vita che nasce dalla risurrezione, il Signore ci propone tutto uno stile di vita evangelico, prescrivendo che non ci adiriamo, che siamo pazienti nelle avversità e puri dall'attaccamento ai piaceri e al denaro. In tal modo ciò che quel mondo possiede per natura, lo realizziamo in anticipo già qui con la nostra scelta. Se si volesse dare una sintesi, non mi sembrerebbe sbagliato dire: il Vangelo è prefigurazione della vita che scaturisce dalla risurrezione. (S. Basilio, Lo Spirito Santo 15,35) Singolare che l'ultima frase ("Se si voless

10 maggio 2009 - V domenica di pasqua

Atti 9,26-31. La lettura racconta i primi passi del cammino di Paolo dopo il battesimo, e l'ambiente nel quale egli li muove, la chiesa. La comunità cristiana è infatti sin dal primo momento del suo ingresso a Damasco la culla nella quale cresce il nuovo nato alla fede.  La prima chiesa viene presentata come una comunità che vive un forte senso della presenza di Dio: timore di Dio e consolazione dello Spirito (v. 31, CEI: "conforto") dicono la percezione viva della presenza e dell'azione di Dio nella vita e nella crescita ecclesiale (cf. 2,43). Ma questo non si traduce affatto in un fanatismo esaltato: si tratta di una comunità che non cerca lo scontro, che non va in cerca del martirio, che persegue la pace. Tanto poco fatta di esaltati che inizialmente non ci si fida, si teme un inganno, tanto terribile era l'immagine di Saulo presso i discepoli. Paolo sperimenta in questa fase una doppia difficoltà: con i vecchi fratelli, che già subito a Damasco avevano tentato