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Le Nozze

 La scena del banchetto nuziale di Cechov realizzata da Claudio Morganti assomiglia un po' a quella dell'ultima cena: un ampio tavolo lungo il quale sono disposti i convitati. Solo che qui manca completamente un centro, in senso materiale e ideale. La rappresentazione si dipana in maniera del tutto priva di trama, nel susseguirsi (o meglio accavallarsi) dei discorsi dei vari personaggi, che vorrebbero essere un dialogo. Dico vorrebbero, perché in effetti non c'è nessun dialogo e ciascuno segue la propria linea in maniera autonoma, senza che mai ci sia vera interazione: una serie di cammini paralleli che mai s'incontrano. Non è difficile individuare per ogni personaggio il motivo conduttore, vedere su quale binario cammini mentre gli altri a loro volta, senza ascoltarlo, camminano sul proprio. La rappresentazione di persone che gesticolano chiuse nel proprio mondo è il cuore del dramma. Esemplare da questo punto di vista la figura del vecchio «generale» di marina, dall&#

Grief & Beauty

Spettacolo «pesante» Grief & Beauty , ma in senso positivo: fa sentire il suo peso. Basta osservare un attimo all'uscita gli spettatori, certamente pensierosi ma anche probabilmente sollevati dalla fine di quel confronto con la morte che normalmente si preferisce francamente scansare. Bisogna dunque dare atto a Milo Rau di un coraggio notevole nel chiamare il pubblico a un impegno del genere. Non si tratta infatti di uno spettacolo sull'eutanasia, pur se questo ne costituisce certamente un aspetto, ma sulla morte. Spettacolo originale, che si avvale in modo strutturale della commistione fra teatro e cinema (Rau è anche regista cinematografico), e felicemente mai approda all'ideologia, rimanendo sempre sul piano di una partecipe osservazione della vicenda umana. Gli stessi attori mettono in gioco la loro vita, la loro esperienza personale nello spettacolo, creando con il pubblico un circolo di sim-patia, tutti quanti con questo «fischio» dell'«essere-per-la-morte» pe

La profezia mariana di Fatima e la Russia

 L'Ucraina è "terra di confine" e sconta l'urto fra due mondi. Da un lato la divinizzazione del potere, la cui autorità proviene da una istanza superiore, come divina. Si pensi all'idolatria della nazione e della razza (nazismo), del "popolo" inteso come proletariato (marxismo). Putin si presenta come restauratore della grande Russia zarista. Egli incarna il potere divinizzato della nazione russa; divinizzato anche grazie al sostegno della Chiesa Ortodossa Russa (chiaramente al suo interno ci sono posizioni anche diverse). Egli è sostenitore dei valori tradizionali e della fede tradizionale del popolo russo. La grandezza della Chiesa e dell'Impero vanno di pari passo. Dall'altro la funzionalità del potere, la cui autorità proviene da una delega da parte dei sudditi (rivoluzione francese). Il vero titolare dell'autorità è la singola persona, che sola dispone di se stessa in tutti i campi. Il potere ha assunto sempre più una funzione meramente

Il Purgatorio. La notte lava la mente.

Due ore e qualcosa di immersione totale in Dante. La memoria dei 700 anni dalla morte del sommo poeta continua a rifrangersi oltre il limite cronologico del 2021. Il Purgatorio. La notte lava la mente , di Mario Luzi, drammaturgia di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi, regia di Federico Tiezzi, è uno spettacolo per la massima parte consistente in una antologia dantesca che ripercorre il pellegrinaggio di Dante appena uscito dall'inferno fino alla cima della montagna del purgatorio e alla piena purificazione. È la scelta di Mario Luzi, come sempre schivo e restio a mettersi in mostra. Scelta che ha il vantaggio di evitare un difetto grave delle letture dantesche ordinarie, solitamente scolastiche, ovvero la frammentarietà della lettura che si perde in una serie di osservazioni, poco consentendo uno sguardo unitario del percorso, e dunque una presa d'atto del senso complessivo. Al contrario esso si squaderna limpidamente nel lavoro di Luzi che, c'era da aspettarselo, ne mette

Circo Kafka

La grande letteratura non smette di fornire spunti per letture e riletture. Così è per Il Processo di Kafka, tra i testi più significativi del Novecento, che Circo Kafka intende portare in scena con modalità certo originali, ossia in assenza quasi totale di parola, mediante il ricorso al semplice gesto e al suono. Lo spettacolo, estremamente sobrio, ripercorre la sostanza della vicenda del romanzo con risultato sorprendentemente intenso. La potenza della suggestione sarebbe stata probabilmente ancora maggiore eliminando anche l'unica tirata verbale, centrata sulla questione della «catena», l'ingranaggio che stritola inesorabilmente il povero protagonista. La scelta di privare l'attore (unico, interpreta tutti i ruoli) della parola, se da un lato è ovviamente una sfida per l'attore stesso (che Roberto Abbiati vince in scioltezza), dall'altro è una sfida per il pubblico, che viene stanato e costretto a uscire dal comfort verbale per avventurarsi a mobilitare le propr

Nostalgia di Dio

«Nostalgia» è, come si sa, dolore del ritorno, sentimento di chi è lontano dalla terra dei padri e dalla casa. Tutti ci siamo dentro fino al collo, al punto che la nostra vita e i nostri comportamenti – lo sappiamo o meno – ne sono interamente determinati: vogliamo tornare a casa. Ma esattamente dove? «Patria» e «casa» che cosa, e dove sono? Il punto è questo: non lo sappiamo affatto bene. Ci confonde il fatto che questo misterioso punto di partenza e di approdo faccia capolino e si declini in una miriade di situazioni ed esperienze, tra le quali lo spettacolo mette in evidenza soprattutto l'elemento famiglia e figli. Tra le tante suggestioni vale la pena ricordare, ancor più per chi ha appena celebrato il Natale, quella del Dio-bambino: un bambino capriccioso, che crea quasi per gioco. Una simile idea è presente in molte tradizioni religiose e nella stessa tradizione cristiana, la quale ne ha certo escluso ogni elemento d'irragionevolezza e arbitrarietà. Il bambino di Betlemme

Il Gabbiano

Succedono moltissime cose - un mondo di cose - in questa «campagna nella quale non succede mai nulla» che è ambiente del Gabbiano . Il talento di Cechov ci squaderna una quantità di dinamiche nelle quali non si tarda a riconoscere la quotidianità in cui siamo immersi. I personaggi si muovono e si agitano senza sosta e senza poter trovare requie, alla ricerca di qualcosa che non solo non trovano, ma nemmeno sanno esattamente che cosa sia. Unica cosa certa è l'affanno. Stat crux dum volvitur orbis : l'antico motto certosino («la croce sta ferma mentre il mondo gira»), di per sé ben distante dal mondo di Cechov, sembra tuttavia offrire una chiave di lettura quanto mai calzante (prescindendo qui dalla sua esatta esegesi). In mezzo al turbinio delle azioni e delle passioni, l'unica realtà che rimane ferma e costante è - per tutti - la croce; o se vogliamo, in termini più cechoviani, il fallimento. Ciò nonostante, Cechov non è un nichilista. Egli propone comunque un'apertur