Non dirlo. Il Vangelo di Marco secondo Veronesi

Scelta doppiamente coraggiosa, quella di Sandro Veronesi. Mettere e tenere su uno spettacolo di pressoché due ore interamente consistente in un monologo non è cosa da poco, né di poco rischio. Peggio che mai se la storia è il Vangelo, da tempo retrocesso dalla serie A della cultura come roba da preti e catechismo, sottocultura per vecchiette più o meno arzille. Al più, tratto fuori dal cilindro come materia su cui esercitare e sfoggiare la propria superiore dialettica, ennesima prova - se necessaria - della ben nota superiorità dell'uomo moderno, che lo salvaguarda dai vecchi e rassicuranti dogmi dei quali (ahimè) il premoderno invece aveva disperato bisogno. "Non dirlo" supera a pieni voti tutte queste prove. Veronesi si dimostra abile e avvincente narratore, rispettando il testo evangelico senza stravolgerlo né strumentalizzarlo. Sia chiaro: non siamo di fronte a un discorso pio, ma a un tentativo, pienamente laico, di cogliere e accogliere il Vangelo per quel che è agli occhi di chiunque non voglia farsi guidare da ignoranza e pregiudizio: un grande, grandissimo, geniale e fondamentale testo. Non varrebbe la pena sottolinearlo se la realtà non fosse quella che è: abbondano ignoranza, pressappochismo, faciloneria, presunzione. Nello spettacolo non c'è nulla che offenda il credente, nulla che un ateo (di larghe vedute…) non possa accogliere; non come assenso di fede (questa è altra questione) ma come stimolo potente alla riflessione e riserva inesauribile di suggestioni: è questa la cultura o no? Lo spettacolo mostra che è possibile ascoltare e raccontare la vicenda di Gesù (qui secondo Marco) con serenità e apertura, senza entrare in diatribe e alterchi, lasciando a ciascuno il compito di farne ciò che crede. Qualche lieve inesattezza e qualche valutazione discutibile (p. es. l'esclusione di un sonno degli apostoli per tristezza, quando è noto che esso rappresenta un rifugio per chi non vuol prendere atto della realtà) non pregiudicano in alcun modo la felice sorpresa di trovarsi di fronte a un bene prezioso: l'onestà. Semmai si può contestare la scelta di non parlare dell'eucarestia in quanto questa sarebbe "questione di fede". Per il racconto dell'ultima cena vale né più né meno quanto vale per il resto, ovvero la distinzione del duplice livello: messaggio e adesione di fede al messaggio. Quel racconto è, a prescindere dall'assenso credente, degno di essere raccontato, ancor più di altri e per più ragioni; se non altro per quella geniale intuizione di Gesù di legare la propria presenza nei secoli a due simboli così ricchi come il pane e il vino. Appropriata, infine, la scelta di legare il messaggio di Marco ai suoi destinatari: per portare la Buona Notizia a Pierino, si deve conoscere la Buona Notizia e Pierino. Pierino Romano.
3/4 novembre 2015 - Fabbricone (17/20 dicembre 2015 e 21/24 marzo 2016). Monologo di Sandro Veronesi, tratto dall’omonimo libro pubblicato da Bompiani. Produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana.

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