II domenica di avvento, ufficio delle letture

Dal Commento sul profeta Isaia di Eusebio, vescovo di Cesarea (PG 24,366-367)

Lettura quanto mai maltrattata dai curatori di LO: non ci sono solo i soliti tagli e le solite traduzioni piamente fantasiose, ma anche due trasposizioni di testo. Prima di tutto riportiamo il testo greco nella sua forma originale, eccetto i tagli maggiori, segnalati da (...). Siamo nel libro II:

16. (...) φωνὴ βοῶντος ἐν τῇ ἐρήμῳ Ἑτοιμάσατε τὴν ὁδὸν κυρίου, ⸤τοῦτ’ ἔστι τὸ εὐαγγελικὸν κήρυγμα <ἢ> ἡ καινὴ παράκλησις αὕτη ἡ πᾶσιν ἀνθρώποις γνωσθήσεσθαι τὸ σωτήριον τοῦ θεοῦ ἐπιζητοῦσα.⸥
⸢σαφῶς παρίστη μὴ ἐν τῇ Ἰερουσαλὴμ γενήσεσθαι τὰ θεσπιζόμενα, ἀλλ’ ἐπὶ τῆς ἐρήμου, λέγω δὲ τὸ ὀφθήσεσθαι τὴν δόξαν κυρίου καὶ τὸ πάσῃ σαρκὶ γνωσθήσεσθαι τὸ σωτήριον τοῦ θεοῦ. καὶ ταῦτα μὲν ἐπληροῦτο πρὸς ἱστορίαν καὶ λέξιν ἐπὶ τοῦ βαπτιστοῦ Ἰωάννου κηρύσσοντος τὴν σωτήριον θεοφάνειαν ἐν τῇ ἐρήμῳ τοῦ Ἰορδάνου, ἐν ᾗ καὶ τὸ σωτήριον ὤφθη τοῦ θεοῦ. αὐτὸς ὁ Χριστός, ἥ τε δόξα αὐτοῦ τοῖς πᾶσιν ἐγνώσθη, ὅτε βαπτισθέντος αὐτοῦ «ἠνεῴχθησαν οἱ οὐρανοί», καὶ ‹τὸ πνεῦμα τὸ ἅγιον ἐν εἴδει περιστερᾶς καταβὰν› «ἔμεινεν ἐπ’ αὐτόν», «φωνή» τε ἠνέχθη πατρικὴ τῷ υἱῷ μαρτυροῦσα· «οὗτός ἐστιν ὁ υἱός μου ὁ ἀγαπητός, αὐτοῦ ἀκούετε».⸣
(...)
⸢ὡς γὰρ μέλλοντος ἐπιδημεῖν τῇ ἐρήμῳ καὶ τῇ ἐξ αἰῶνος ἀβάτῳ τοῦ θεοῦ ταῦτα ἐλέγετο. ἦν δὲ τὰ ἔθνη πάντα ἔρημα θεοῦ γνώσεως καὶ ἄβατα πᾶσι τοῖς τοῦ θεοῦ δικαίοις τε καὶ προφήταις ἀνδράσι. διόπερ ἡ φωνὴ παρακελεύεται ὁδὸν εὐτρεπίζειν τῷ τοῦ θεοῦ λόγῳ καὶ τὴν ἄβατον καὶ τραχεῖαν ὁμαλὴν ποιεῖν, ἵνα ἐπιβῇ ἐπιδημήσας ὁ θεὸς ἡμῶν⸣ μετὰ προσθήκης τῆς ἡμῶν· εὐθείας γάρ φησι ποιεῖτε τὰς τρίβους τοῦ θεοῦ ἡμῶν·
(...)
17. ⸢Σφόδρα καὶ ταῦτα τῇ τῶν προλεχθέντων ἕπεται διανοίᾳ εὐκαίρως καὶ τῶν εὐαγγελιστῶν μνήμην ποιούμενα καὶ παρουσίαν θεοῦ ἀνθρώποις εὐαγγελιζόμενα, μετὰ τὰ περὶ ‹τῆς ἐν τῇ ἐρήμῳ βοώσης φωνῆς›. εἵπετο γὰρ τῇ περὶ Ἰωάννου τοῦ βαπτιστοῦ προφητείᾳ ὁ περὶ τῶν εὐαγγελιστῶν τοῦ σωτῆρος λόγος, ἥ τε τῆς θεοφανείας αὐτοῦ δήλωσις.⸣ κατὰ δὲ τοὺς λοιποὺς ἑρμηνευτὰς ἀντὶ τοῦ· ὁ εὐαγγελιζόμενος, ἡ εὐαγγελιζομένη εἴρηται· λέγει γοῦν ὁ Σύμμαχος· ἐπ’ ὄρος ὑψηλὸν ἀνάβηθι σεαυτῇ <ἡ> εὐαγγελιζομένη Σιών, καὶ ἔπαρον ὑψηλῶς τὴν φωνήν σου <ἡ> εὐαγγελιζομένη Ἰερουσαλήμ, ἔπαρον, μὴ φοβοῦ. καὶ διὰ τούτων δὲ θέα ὡς ἔμψυχον καὶ ζῶσαν τὴν Σιὼν καὶ τὴν Ἰερουσαλὴμ οἶδεν ὁ λόγος· ἀναβῆναι γοῦν αὐτὴν ἑαυτῆς ἐπὶ ὑψηλὸν ὄρος καὶ τὴν φωνὴν αὐτῆς ὑψῶσαι ἐν τῷ εὐαγγελίζεσθαι τὴν τοῦ θεοῦ παρουσίαν παρεκελεύετο. ⸢τίς οὖν ἐστιν αὕτη Σιὼν ἐπ’ ὄρος ὑψηλὸν ἕτερον παρ’ αὐτὴν ἀνιοῦσα; καὶ αὕτη γὰρ ὄρος ἦν, ὡς δηλοῖ ἡ φάσκουσα γραφή· «ὄρος Σιὼν τοῦτο, ὃ κατεσκήνωσας ἐν αὐτῷ», καὶ ὁ Ἀπόστολος· «προσεληλύθατε Σιὼν ὄρει», ἢ πάντως που ἡ διὰ τῶν ἔμπροσθεν ‹καρδία Ἰερουσαλὴμ› ὠνομασμένη. καὶ μήποτε νῦν ὁ χορὸς ὁ ἀποστολικὸς ὁ ἐκ τοῦ προτέρου λαοῦ ἐκ περιτομῆς ἐξειλεγμένος τοῦτον σημαίνεται τὸν τρόπον; αὕτη γάρ ἐστι Σιὼν καὶ Ἰερουσαλὴμ ἡ «τὸ σωτήριον τοῦ θεοῦ» παραδεδεγμένη, ἐπηρτημένη τις οὖσα καὶ αὕτη καὶ τῷ ὄρει τοῦ θεοῦ τῷ μονογενεῖ αὐτοῦ λόγῳ παρεικασμένη, ᾗ προστάττει εὐαγγελίζεσθαι ἀνελθούσῃ ἐπ’ ὄρος ὑψηλὸν τὸν σωτήριον λόγον. καὶ δὴ ὁ εὐαγγελικὸς χορὸς καὶ αἱ ἅγιαι καὶ ἐπηρτημέναι τῷ τῆς ἀρετῆς φρονήματι ψυχαὶ Σιὼν καὶ Ἰερουσαλὴμ ὀνομαζόμεναι ἐπὶ τὸ ὄρος τὸ ὑψηλὸν τῆς θεότητος τοῦ μονογενοῦς τοῦ θεοῦ κελεύονται ἀνιέναι κἀκεῖθεν ἄνωθεν ἀφ’ ὑψηλοῦ εὐαγγελίζεσθαι καὶ κηρύττειν ἅπασιν ἀνθρώποις τοῦ Χριστοῦ τοῦ θεοῦ τὴν ἐπὶ γῆς παρουσίαν.⸣ (Ed. J. Ziegler, GCS 1975)

Ecco la mia traduzione del testo nella sua disposizione originale; il testo tra parentesi quadre è quello spostato.

Voce di uno che grida nel deserto: "Preparate la strada del Signore" (Is 40,3)[, cioè l'annunzio evangelico, quella nuova paraclesi che brama di far nota a tutti gli uomini la salvezza di Dio (1)]. Espone chiaramente che quanto dice l'oracolo - cioè che si sarebbe veduta la gloria del Signore e la salvezza di Dio si sarebbe fatta conoscere ad ogni carne - non si verificherà a Gerusalemme, ma nel deserto. Ciò si è realizzato storicamente e letteralmente in Giovanni il Battista, quando predicò la salutare teofania nel deserto del Giordano, dove appunto si manifestò anche la salvezza di Dio. Proprio Cristo, la sua gloria, fu nota a tutti quando, dopo il suo battesimo, "si aprirono i cieli", "lo Spirito Santo, scendendo in forma di colomba, si posò su di lui" (Mt 3,16; Mc 1,10-11; Lc 3,22; Gv 1,32), e risuonò la voce del Padre che al Figlio rendeva questa testimonianza: "questi è il mio Figlio diletto: ascoltatelo" (Mt 17,5; Mc 9,7; Lc 9,35).
(...)
Si diceva questo, in quanto Dio stava per venire in quel deserto che da sempre gli era inaccessibile. Tutti i popoli erano "deserto" quanto a conoscenza di Dio, inaccessibili a tutti i giusti e i profeti di Dio. Perciò la voce esorta a preparare la strada al Verbo di Dio, ad appianare la strada, perché, al suo arrivo, il nostro Dio potesse camminarci [con il nostro contributo, omette LO]; dice infatti: "fate diritte le strade del nostro Dio".
[qui LO inserisce il testo (1)]
(...)
[Molto opportunamente a quelli di prima seguono anche questi pensieri, e dopo la menzione della voce che grida nel deserto si fa riferimento agli evangelizzatori, e si annunzia la venuta di Dio fra gli uomini. Infatti alla profezia di Giovanni il Battista doveva seguire il discorso sui predicatori del Salvatore e l'annunzio della sua teofania. (2)]
(...)
"Sali per te su un alto monte, o Sion che evangelizzi, alza in alto la tua voce, o Gerusalemme che evangelizzi, alzala, non temere!" (Is 40,9).
[qui LO inserisce il testo (2)]
(...)
Chi è dunque questa Sion che deve salire su un altro alto monte vicino? Anch'essa infatti era un monte, come mostra la Scrittura dicendo: "il monte Sion, dove hai preso dimora" (Sal 73,2), e l'apostolo: "vi siete accostati al monte Sion" (Eb 12,22) [, chiamata precedentemente "cuore di Gerusalemme, omette LO]. Ma in questo modo non si indica forse il coro apostolico, raccolto dal primo popolo, quello della circoncisione? Questa infatti è la Sion e la Gerusalemme che ha accolto "la salvezza di Dio", essendo essa stessa come innalzata e comparata al monte di Dio che è il Verbo unigenito: ad essa ordina di annunziare, salita sull'alto monte, la buona notizia della salvezza.
Il coro evangelico e le anime sante, elevate dall'animo virtuoso, chiamati "Sion" e "Gerusalemme", sono invitati a salire sull'alto monte della divinità dell'Unigenito, e da lì, dalla sommità, a evangelizzare e annunziare a tutti la venuta del Cristo di Dio sulla terra.
Siccome poi era verosimile che molti si sarebbero ribellati, aggiunge: "alzate la voce, non temete". Ordina di annunziare per prime alle città di Giuda, cioè alle sinagoghe dei giudei, che è arrivato il Dio annunziato dai profeti, proprio quel Signore che essi da tempo attendevano.

LO riporta il commento di Eusebio ai vv. 3 e 9 del c. 40 di Isaia (anche se, in verità, il testo spostato [2] si riferisce ai vv. 7-8). Nel commento al v. 3 domina il tema "paraclesi nel deserto"; nel commento al v. 9 il confronto tra i tre monti: Sion, l'Unigenito, gli apostoli. Si noti, per quanto riguarda questo secondo versetto, che Eusebio commenta il testo d'Isaia nella traduzione non dei LXX ma di Simmaco (e altri), com'egli stesso scrive: «Secondo gli altri interpreti invece di "colui che evangelizza" si deve leggere "che evangelizzi". Dice dunque Simmaco: "Sali etc."».
Complessivamente, Eusebio segnala tre tempi: Isaia, Cristo, oggi. Sono i tempi di ogni buona esegesi: significato storico, adempimento cristologico, attualizzazione. Quest'ultimo elemento è tuttavia presente soprattutto nelle parti tagliate.
Nel ciclo annuale del breviario è questa l'unica lettura di Eusebio, a parte una lettura dalla Storia Ecclesiastica sulla pace costantiniana, annessa alla memoria facoltativa di papa Silvestro al 31 dicembre.

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