La scena del banchetto nuziale di Cechov realizzata da Claudio Morganti assomiglia un po' a quella dell'ultima cena: un ampio tavolo lungo il quale sono disposti i convitati. Solo che qui manca completamente un centro, in senso materiale e ideale. La rappresentazione si dipana in maniera del tutto priva di trama, nel susseguirsi (o meglio accavallarsi) dei discorsi dei vari personaggi, che vorrebbero essere un dialogo. Dico vorrebbero, perché in effetti non c'è nessun dialogo e ciascuno segue la propria linea in maniera autonoma, senza che mai ci sia vera interazione: una serie di cammini paralleli che mai s'incontrano. Non è difficile individuare per ogni personaggio il motivo conduttore, vedere su quale binario cammini mentre gli altri a loro volta, senza ascoltarlo, camminano sul proprio. La rappresentazione di persone che gesticolano chiuse nel proprio mondo è il cuore del dramma. Esemplare da questo punto di vista la figura del vecchio «generale» di marina, dall...
Riproduco qui un mio vecchio articolo, che ritengo molto interessante in quanto analizza un aspetto significativo del pensiero di S. Massimo il Confessore. L'indicazione della pagina, sia per il testo che per le note, riguarda l'edizione a stampa, in modo che - volendo - si possa citare come dall'originale. L'articolo, che reca in appendice una mia traduzione del testo al quale si riferisce, è apparso su Prometheus , XIII/1 (1987), alle pp. 72-90. Sommario 1. La dottrina della QT 58. 2. La condizione di Adamo nell'Eden. 3. La traiettoria della creatura spirituale. 4. La scelta filautica e la ricerca del piacere sensibile. 5. L'esperienza del dolore e il suo significato. 6. Il dolore dell'anima esito della gioia sensibile. 7. La gioia dell'anima causa ed esito del dolore sensibile. Appendice : QUESTIONE 58 A TALASSIO (PG 90, 592D-600B) Note Marco Pratesi FILAUTIA, PIACERE E DOLORE NELLA QUESTIONE 58 A TALASSIO DI S. MA...
La grande letteratura non smette di fornire spunti per letture e riletture. Così è per Il Processo di Kafka, tra i testi più significativi del Novecento, che Circo Kafka intende portare in scena con modalità certo originali, ossia in assenza quasi totale di parola, mediante il ricorso al semplice gesto e al suono. Lo spettacolo, estremamente sobrio, ripercorre la sostanza della vicenda del romanzo con risultato sorprendentemente intenso. La potenza della suggestione sarebbe stata probabilmente ancora maggiore eliminando anche l'unica tirata verbale, centrata sulla questione della «catena», l'ingranaggio che stritola inesorabilmente il povero protagonista. La scelta di privare l'attore (unico, interpreta tutti i ruoli) della parola, se da un lato è ovviamente una sfida per l'attore stesso (che Roberto Abbiati vince in scioltezza), dall'altro è una sfida per il pubblico, che viene stanato e costretto a uscire dal comfort verbale per avventurarsi a mobilitare le propr...
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