Thom Pain
Thom Pain è un moderno antieroe. La sua performance
affabulatoria si articola sostanzialmente su un doppio binario autobiografico:
la rievocazione di un bambino che, dopo un temporale scriveva nell'acqua delle
pozzanghere, e di un giovane alle prese con una (conclusa) storia d'amore. Ma
la vita appare come un cavallo morto, che inutilmente l'uomo prende a pugni. E la
"mente moderna" si trova irrimediabilmente atomizzata, perduta in
mezzo a mille rivoli di pensiero e sensazioni, mille sentieri che puntualmente
a un certo punto s'interrompono, sfociando nel nulla. E mentre la natura ride
di lui, il povero antieroe si scopre preso in mezzo tra la paura della vita e
la sua attrattiva, dove unica cosa certa è lo scorrere del tempo (un tema
sottolineato), reso ancora più lampante dalla parossistica velocità oggi
impressa ai rapporti affettivi, consumati e gettati, cifra espressiva di una
spietata precarietà che domina su tutto. Si può dire una parola che esprima in
sintesi questa pena (notiamo che pain in inglese significa appunto dolore)?
Essa suona: "boh!", gergo dell'estrema rinuncia dello spirito umano
all'ambizione di costruire un mondo nuovo. Quello di oggi è un mondo rinnovato,
in cui nulla cambia.
Mediante frequenti sbalzi di tono e d'umore, improvvise
accelerazioni e brusche frenate, discorsi interrotti e ripresi, contraddizioni
e battute, il monologo, benissimo retto per una buona ora dalla brillante
interpretazione di Germano, ben attento a coinvolgere il pubblico, conduce lo
spettatore a prendere coscienza della rottura, operatasi nella coscienza
contemporanea, del sia pur precario equilibrio raggiunto nella visione del
mondo che si era venuta affermando nel mondo occidentale. Intorno a questo
psichismo senza centro si forma e distrugge una geometria instabile e
disarticolata, che grida alto il lamento di questi nostri tempi postmoderni.
Nessuna traccia di proposta di valori, se non una generica chiusa sulla
"bellezza della vita"; e il beneficio - tutto sommato magro - della
condivisione di una esperienza. La religiosità vi è di sfuggita evocata solo
come una tra le esperienze stravaganti che, volendo, si possono sempre fare.
L'antieroe si avvita su se stesso. E noi con lui.
Thom Pain, di Will Eno, regia e interpretazione di Elio
Germano, 13-14 gennaio 2012, Teatro Metastasio, Prato
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