11 aprile 2010 - II Domenica di pasqua

Apocalisse 1,9-11a.12-13.17-19
Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.
Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese».
Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro.
Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito».

9 Ἐγὼ Ἰωάννης, ὁ ἀδελφὸς ὑμῶν καὶ συγκοινωνὸς ἐν τῇ θλίψει καὶ βασιλείᾳ καὶ ὑπομονῇ ἐν Ἰησοῦ, ἐγενόμην ἐν τῇ νήσῳ τῇ καλουμένῃ Πάτμῳ διὰ τὸν λόγον τοῦ θεοῦ καὶ τὴν μαρτυρίαν Ἰησοῦ. 10 ἐγενόμην ἐν πνεύματι ἐν τῇ κυριακῇ ἡμέρᾳ, καὶ ἤκουσα ὀπίσω μου φωνὴν μεγάλην ὡς σάλπιγγος 11 λεγούσης, Ὃ βλέπεις γράψον εἰς βιβλίον καὶ πέμψον ταῖς ἑπτὰ ἐκκλησίαις, [εἰς Ἔφεσον καὶ εἰς Σμύρναν καὶ εἰς Πέργαμον καὶ εἰς Θυάτειρα καὶ εἰς Σάρδεις καὶ εἰς Φιλαδέλφειαν καὶ εἰς Λαοδίκειαν]. 12 Καὶ ἐπέστρεψα βλέπειν τὴν φωνὴν ἥτις ἐλάλει μετ' ἐμοῦ: καὶ ἐπιστρέψας εἶδον ἑπτὰ λυχνίας χρυσᾶς, 13 καὶ ἐν μέσῳ τῶν λυχνιῶν ὅμοιον υἱὸν ἀνθρώπου, ἐνδεδυμένον ποδήρη καὶ περιεζωσμένον πρὸς τοῖς μαστοῖς ζώνην χρυσᾶν: [14 ἡ δὲ κεφαλὴ αὐτοῦ καὶ αἱ τρίχες λευκαὶ ὡς ἔριον λευκόν, ὡς χιών, καὶ οἱ ὀφθαλμοὶ αὐτοῦ ὡς φλὸξ πυρός, 15 καὶ οἱ πόδες αὐτοῦ ὅμοιοι χαλκολιβάνῳ ὡς ἐν καμίνῳ πεπυρωμένης, καὶ ἡ φωνὴ αὐτοῦ ὡς φωνὴ ὑδάτων πολλῶν, 16 καὶ ἔχων ἐν τῇ δεξιᾷ χειρὶ αὐτοῦ ἀστέρας ἑπτά, καὶ ἐκ τοῦ στόματος αὐτοῦ ῥομφαία δίστομος ὀξεῖα ἐκπορευομένη, καὶ ἡ ὄψις αὐτοῦ ὡς ὁ ἥλιος φαίνει ἐν τῇ δυνάμει αὐτοῦ.] 17 Καὶ ὅτε εἶδον αὐτόν, ἔπεσα πρὸς τοὺς πόδας αὐτοῦ ὡς νεκρός: καὶ ἔθηκεν τὴν δεξιὰν αὐτοῦ ἐπ' ἐμὲ λέγων, Μὴ φοβοῦ: ἐγώ εἰμι ὁ πρῶτος καὶ ὁ ἔσχατος, 18 καὶ ὁ ζῶν, καὶ ἐγενόμην νεκρὸς καὶ ἰδοὺ ζῶν εἰμι εἰς τοὺς αἰῶνας τῶν αἰώνων, καὶ ἔχω τὰς κλεῖς τοῦ θανάτου καὶ τοῦ ἅ|δου. 19 γράψον οὖν ἃ εἶδες καὶ ἃ εἰσὶν καὶ ἃ μέλλει γενέσθαι μετὰ ταῦτα.

Giovanni, il veggente, si trova confinato nell'isola di Patmos per la sua attività apostolica. Egli condivide con le chiese alle quali scrive l'esperienza della persecuzione (nelle 7 lettere vedi 2,2-3;3,10). In questa situazione, ai cristiani (i "santi") è richiesta la pazienza: perseverare nel cammino nonostante ogni forza contraria. Giovanni non insiste tanto sul lottare per "cambiare le cose" ("se uno Dio lo mette in prigione, andrà in prigione; se uno uccide con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada. Qui sta la costanza e la fede dei santi", 13,9-10); insiste piuttosto sulla "pazienza dei santi", che si esprime nel rifiuto di adorare la bestia (il male e tutto ciò che è contro Dio), come si legge in 14,12.
In questa situazione Giovanni vive la sua esperienza di visione nel giorno del Signore. La domenica è il giorno del Risorto, in questo giorno egli incontra Gesù risorto, vivo e attivamente presente nella storia e nelle chiese. Questo è la domenica per ogni cristiano. Il Risorto affida a Giovanni un messaggio per le chiese, ha qualcosa da dire alle comunità cristiane. Le sette chiese dell'Asia Minore rappresentano le chiese di tutti i tempi (il numero sette indica totalità). Il Risorto parla quindi anche per la mia comunità. Notiamo: il messaggio non è tanto per i singoli, quanto per le comunità. La Parola di Dio, tutta, è per la comunità cristiana. Ognuno, certo, deve personalmente farla propria; ma può farlo autenticamente solo nella misura in cui è vitalmente inserito nel cammino della sua concreta comunità: le sette chiese sono anche comunità precise e concrete.

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