26 aprile 2009 - III domenica di pasqua

Atti 3,13-15.17-19.
La lettura è parte del discorso (3,11-26) che Pietro tiene al popolo per spiegare il miracolo della guarigione dello storpio alla porta Bella del tempio (3,1-10). L'apostolo vuole rispondere alla implicita domanda (si fa esplicita solo in 4,7): "in virtù di quale potere lo storpio è stato risanato?". La risposta si trova al v. 16, omesso nella pericope liturgica: per la fede in Gesù. Perché questo Gesù è nella gloria di Dio, lo stesso Dio che gli israeliti adorano. Naturalmente a questo punto si deve rilevare una contraddizione stridente: voi adorate un Dio che ha in onore quel Gesù che avete invece rifiutato e ucciso. A lui, guida verso la vita nuova, di cui vi è prova vivente lo storpio risanato, avete preferito un assassino, un portatore di morte. Ma Dio si è servito della vostra ignoranza per realizzare il suo progetto. Voi infatti non vi siete resi conto di quanto avete fatto. Adesso però che tutto questo è chiaro, la contraddizione va risolta e l'ignoranza superata. Riconoscete Gesù come il santo e giusto, servo-figlio di Dio e Messia, e ristrutturate la vostra vita intorno alla nuova immagine di Dio che emerge dalla sua vicenda pasquale e dalla sua parola. 
E' evidente che questo invito è rivolto anche a noi. Fare il peccato è sempre scegliere morte al posto di vita. E persino nella nostra accoglienza della luce si annida sempre ancora un po' di tenebra: se continuiamo a camminare ancora un po' ce ne accorgiamo. Dobbiamo sapere che siamo sempre in qualche misura nell'ignoranza, e quindi oggetto di misericordia: "Padre, perdonali, perché non sanno quel che fanno" (Lc 23,34), riguarda tutti. Proprio questo apre uno spazio per la salvezza, perché se il nostro rifiuto fosse pienamente consapevole, allora la conversione sarebbe impossibile, e la perdizione definitiva, come è per i "prìncipi di questo mondo" (1Cor 2,8). Anch'essi si sono dimostrati infatti ignoranti, non hanno capito fino in fondo che cosa stava succedendo nella passione del Signore. Se l'avessero capito "non avrebbero crocifisso il Signore della gloria", perché in questo modo hanno operato la loro stessa detronizzazione. 
Come si vede, anche la loro ignoranza, come la nostra, è stata usata da Dio per perseguire il suo progetto di vita. Il male, prodotto dall'uomo o dagli spiriti maligni, non ha mai l'ultima parola. Esso viene inserito da Dio sempre in un più vasto quadro, che alla fine corrisponde al disegno concepito da nessun altro che da Dio. Il male, anche se si crede dominatore, è in realtà sempre dominato. Anche se si vuole ultimo, rimane penultimo. Questa è la grande meraviglia dell'azione di Dio, e rimane sua assoluta prerogativa. Noi non possiamo né dobbiamo fare altrettanto. Da parte nostra si tratta di accogliere e seguire la luce non appena e nella misura in cui si manifesta; e di sapere che siamo sempre un po' nell'ignoranza, quindi oggetto di misericordia e invitati a conversione. Il che diventa anche norma nei confronti del prossimo che sbaglia e non capisce: la longanimità che Dio dimostra con me la devo a mia volta usare con l'altro.

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