I ragazzi irresistibili, di Neil Simon

Al di là dell'apparenza, I ragazzi irresistibili del drammaturgo statunitense Neil Simon (Prato, Teatro Metastasio, 18 - 23 febbraio 2014, regia di Marco Sciaccaluga) è uno spettacolo dal gusto agrodolce. Il testo è brillante, le gag fioccano, ma si tratta in fondo d'una meditazione sul tramonto della vita. Mostrando a suo modo i limiti e le contraddizioni dell'essere umano, la comicità non di rado confina con la tragicità. Ciò che ci viene posto innanzi è la vicenda umana, il tragitto esistenziale per il quale l'uomo raggiunge determinati risultati e vi s'installa trionfante, per poi esserne forzatamente sfrattato dallo scorrere del tempo. Certo, si può pur sempre tentare di mantenerlo in vita, il passato. Vivere volti al passato non è forse la caratteristica più nota e comune della vecchiaia? Ma le luci della ribalta, sulla quale i due protagonisti tornano finalmente insieme dopo una lunga separazione, non riescono in realtà a illuminare nient'altro che il fallimento del patetico tentativo di risuscitare quella quarantennale collaborazione che li aveva resi famosi come star del vaudeville, spettacolo di varietà popolare in America tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo. Quel successo aveva indelebilmente impresso il proprio marchio sulle rispettive esistenze. In verità, più dell'uno (Willie Clark, Eros Pagni) che dell'altro (Al Lewis, Tullio Solenghi). Willie, dei due il più caparbiamente attaccato alla voglia di rimanere immerso nel vortice della vita attiva, rappresentata dalla scelta di abitare nella metropoli, è il vero protagonista. Paradossalmente, la sua tenace volontà di "far ridere", spezzata dal ritiro di Al, determina la sua tristezza; e la profonda sintonia artistica sperimentata con lui, si tramuta in rancore. Eterogenesi dei fini. Nei confronti dell'ex amico e collega, che ritirandosi dalle scene lo ha condannato a prematura morte artistica, egli viene pertanto a trovarsi costantemente impigliato nella scomoda (ma anche umoristica) dialettica tra amarezza e amicizia, distanza e prossimità, ripulsa e bisogno, affermazione di sé e accettazione dell'altro. L'altro: colui che è insopportabile, ma del quale non si può fare a meno.
La rigidità caratteristica dell'età avanzata impedisce ad entrambi di realizzare il tentativo di riportare in vita almeno per un momento l'antico splendore, ma quello che in fondo più conta, infine avviene: i due si ritrovano nell'esperienza - e nell'accettazione - della comune fragilità, rappresentata dalla imprevista prospettiva di ritrovarsi, ancora una volta insieme, in una casa di riposo per artisti. Dopo aver litigato, bisticciato e questionato per l'intero dramma, i ragazzi irresistibili prendono atto di non poter più resistere e si arrendono al tempo. Ma, in definitiva, proprio in questo si ritrovano. Non più nel successo, bensì nella sconfitta. Ma ancora, come ai bei tempi, insieme.

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