21 marzo 2010 - V domenica di quaresima

Filippesi 3,8-11

Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero sterco, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.

8 ἀλλὰ μενοῦνγε καὶ ἡγοῦμαι πάντα ζημίαν εἶναι διὰ τὸ ὑπερέχον τῆς γνώσεως Χριστοῦ Ἰησοῦ τοῦ κυρίου μου, δι'ὃν τὰ πάντα ἐζημιώθην, καὶ ἡγοῦμαι σκύβαλα ἵνα Χριστὸν κερδήσω 9 καὶ εὑρεθῶ ἐν αὐτῷ, μὴ ἔχων ἐμὴν δικαιοσύνην τὴν ἐκ νόμου ἀλλὰ τὴν διὰ πίστεως Χριστοῦ, τὴν ἐκ θεοῦ δικαιοσύνην ἐπὶ τῇ πίστει, 10 τοῦ γνῶναι αὐτὸν καὶ τὴν δύναμιν τῆς ἀναστάσεως αὐτοῦ καὶ [τὴν] κοινωνίαν [τῶν] παθημάτων αὐτοῦ, συμμορφιζόμενος τῷ θανάτῳ αὐτοῦ, 11 εἴ πως καταντήσω εἰς τὴν ἐξανάστασιν τὴν ἐκ νεκρῶν.

Il seguente passo di S. Basilio mi pare un ottimo commento al testo paolino (che vi è citato). Il brano è proposto nell'ufficio delle letture del lunedi della III settimana di quaresima. Ho rivisto la traduzione che, secondo me, lascia come al solito non poco a desiderare.

Il sapiente non si glori della sua sapienza, né il forte della sua forza, né il ricco delle sue ricchezze (cf. Ger 9,22-23). Ma allora qual è la vera gloria, e in che cosa è grande l'uomo? Dice la Scrittura: in questo si glori colui che si gloria: se conosce e capisce che io sono il Signore (Ger 9,24; cf. Sap 15,3).
L'altezza dell'uomo, la sua gloria e la sua grandezza consistono nel conoscere ciò che è veramente grande, nell'attaccarsi ad esso e nel cercare gloria dal Signore della gloria. Dice infatti l'Apostolo: «Chi si vanta si vanti nel Signore», affermando che Cristo è stato costituito da Dio «per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché come sta scritto: 'Chi si vanta si vanti nel Signore'» (1 Cor 1,31). Il perfetto e pieno vanto in Dio si ha quando uno non si esalta per la sua giustizia, ma sa di essere privo della vera giustizia e comprende di essere stato giustificato per la sola fede in Cristo. E Paolo si fa vanto di disprezzare la propria giustizia, e cerca "quella che viene da Dio per mezzo di Gesù Cristo cioè la giustizia nella fede; perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti" (Fil 3,9-11).
Qui cade ogni altera superbia: niente ti è rimasto di cui poter andar superbo, o uomo! La tua gloria e la tua speranza sono oramai nel mettere a morte quello che è tuo, e cercare la vita futura in Cristo. Ne abbiamo già le primizie e ci troviamo in essa, vivendo ormai del tutto nella gratuita grazia di Dio.
E' Dio "che suscita in noi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni" (Fil 2,13).
E' ancora Dio che, per mezzo del suo Spirito, ci rivela la sua sapienza, predestinata alla nostra gloria.
E' Dio che ci dà forza e vigore nelle fatiche. «Ho faticato più di tutti loro» dice Paolo: «non io però, ma la grazia di Dio che è con me» (1 Cor 15,10).
E' Dio che scampa dai pericoli al di là di ogni speranza umana: «Abbiamo ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà per la speranza che abbiamo riposto in lui, che ci libererà ancora» (2 Cor 1,10).
(S. Basilio, Omelia 20, Sull'umiltà, c. 3)

Μὴ καυχάσθω ὁ σοφὸς ἐν τῇ σοφίᾳ αὐτοῦ, καὶ μὴ καυχάσθω ὁ ἰσχυρὸς ἐν τῇ ἰσχύϊ αὐτοῦ, καὶ μὴ καυχάσθω ὁ πλούσιος ἐν τῷ πλούτῳ αὐτοῦ.
[3.] Ἀλλὰ τί τὸ καύχημα τὸ ἀληθές; καὶ ἐν τίνι μέγας ὁ ἄνθρωπος; Ἐν τούτῳ, φησὶ, καυχάσθω ὁ καυχώμενος, ἐν τῷ συνιεῖν καὶ γινώσκειν, ὅτι ἐγὼ Κύριος. Τοῦτο ὕψος ἀνθρώπου, τοῦτο δόξα καὶ μεγαλειότης, ἀληθῶς γνῶναι τὸ μέγα, καὶ τούτῳ προσφύεσθαι, καὶ δόξαν τὴν παρὰ τοῦ Κυρίου τῆς δόξης ἐπιζητεῖν. Λέγει δὲ ὁ Ἀπόστολος· Ὁ καυχώμενος, ἐν Κυρίῳ καυχάσθω, λέγων ὅτι Χριστὸς ἡμῖν ἐγενήθη σοφία ἀπὸ Θεοῦ, δικαιοσύνη τε καὶ ἁγιασμὸς καὶ ἀπολύτρωσις· ἵνα καθὼς γέγραπται, Ὁ καυχώμενος, ἐν Κυρίῳ καυχάσθω. Αὕτη γὰρ δὴ ἡ τελεία καὶ ὁλόκληρος καύχησις ἐν Θεῷ, ὅτε μήτε ἐπὶ δικαιοσύνῃ τις ἐπαίρεται τῇ ἑαυτοῦ, ἀλλ´ ἔγνω μὲν ἐνδεῆ ὄντα ἑαυτὸν δικαιοσύνης ἀληθοῦς, πίστει δὲ μόνῃ τῇ εἰς Χριστὸν δεδικαιωμένον. Καὶ καυχᾶται Παῦλος ἐπὶ τῷ καταφρονῆσαι τῆς ἑαυτοῦ δικαιοσύνης, ζητεῖν δὲ τὴν διὰ Χριστοῦ, τὴν ἐκ Θεοῦ δικαιοσύνην ἐπὶ τῇ πίστει, τοῦ γνῶναι αὐτὸν καὶ τὴν δύναμιν τῆς ἀναστάσεως αὐτοῦ, καὶ τὴν κοινωνίαν τῶν παθημάτων αὐτοῦ, συμμορφιζόμενος τῷ θανάτῳ αὐτοῦ, εἴ πως καταντήσει εἰς τὴν ἐξανάστασιν τὴν ἐκ νεκρῶν. Ἐνταῦθα πέπτωκε πᾶν ὕψος ὑπερηφανίας. Οὐδὲν ὑπολέλειπταί σοι πρὸς ἀλαζονείαν, ὦ ἄνθρωπε, ᾧ τὸ καύχημα καὶ ἡ ἐλπὶς ἐν τῷ νεκρῶσαι μὲν πάντα τὰ σεαυτοῦ, ζητῆσαι δὲ τὴν ἐν Χριστῷ ζωὴν τὴν μέλλουσαν· ἧς ἀπαρχὰς ἔχοντες, ἤδη ἐν τούτοις ἐσμὲν, τὸ ὅλον ἐν χάριτι ζῶντες καὶ δωρεᾷ Θεοῦ. Καὶ Θεὸς μέν ἐστιν, Ὁ ἐνεργῶν ἐν ἡμῖν καὶ τὸ θέλειν καὶ τὸ ἐνεργεῖν ὑπὲρ τῆς εὐδοκίας· Θεὸς δὲ τὴν ἑαυτοῦ σοφίαν τὴν προωρισμένην εἰς δόξαν ἡμῶν ἀποκαλύπτει διὰ τοῦ ἰδίου Πνεύματος. Θεὸς δὲ τὴν ἐν πόνοις δίδωσι δύναμιν. Περισσότερον πάντων ἐκοπίασα, φησὶ Παῦλος· οὐκ ἐγὼ δὲ, ἀλλ´ ἡ χάρις τοῦ Θεοῦ ἡ σὺν ἐμοί. Θεὸς δὲ ἐξαιρεῖται κινδύνων παρὰ πᾶσαν ἀνθρωπίνην ἐλπίδα. Αὐτοὶ, φησὶν, ἐν ἑαυτοῖς τὸ ἀπόκριμα τοῦ θανάτου ἐσχήκαμεν, ἵνα μὴ πεποιθότες ὦμεν ἐφ´ ἑαυτοῖς, ἀλλ´ ἐπὶ τῷ Θεῷ τῷ ἐγείροντι τοὺς νεκρούς· ὃς ἐκ τηλικούτου θανάτου ἐῤῥύσατο ἡμᾶς, καὶ ῥύεται, εἰς ὃν ἠλπίκαμεν, ὅτι καὶ ἔτι ῥύσεται.

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