Così è (se vi pare)

Probabilmente anche quegli studenti delle superiori che hanno assistito allo spettacolo per “arruffianarsi con la professoressa” non si saranno poi così annoiati: la messa in scena di “Così è (se vi pare)” (Fabbricone, 21-25 gennaio 2009, regista Massimo Castri) – Pirandello non è autore lieve – è stata piacevole e molto scorrevole, il che è già un buon risultato. Il testo è troppo noto perché se ne debba qui richiamare la trama. La rappresentazione accenna a una struttura concentrica. Nell’anello esterno troviamo una festa di carnevale, cornice all’intera vicenda. Si tratta della vita “normale”, nella cui apparente solidità già la scenografia segnala alcune crepe. Nove porte e due specchi (deformanti) lasciano presagire un labirinto di cammini che si incrociano e di immagini differentemente riflesse che mai arriveranno a ricomporsi. Felicemente allusiva, la metafora del carnevale, nel presentare il tema, tipicamente pirandelliano, della maschera. Un terzetto costituito da marito, moglie e suocera viene a gettare nella costernazione questa gioconda borghesia, scompigliata dalla violazione delle convenzioni sociali. Siamo qui al secondo cerchio, ovvero le dinamiche esistenti in questa strana famiglia, ansiosamente indagate nell’intento di una riconduzione entro i limiti della “razionalità borghese”. Non vi è qui traccia dell’interpretazione – altrove suggerita da Castri – che vuole tali movimenti un camuffamento del tabù dell’incesto. Si rimane piuttosto fedeli alla linea maestra tracciata da Pirandello stesso: un “buco nero” che fatalmente risucchia ogni tentativo di lettura univoca. E proprio quello che dovrebbe essere l’intervento risolutivo, ossia la comparsa in scena della moglie, diventa suggello definitivo del fallimento, con quel decisivo "io sono colei che mi si crede" che, paradossalmente, segna il punto di arrivo e al tempo stesso il punto in cui tutto ricomincia da capo, e tutto come prima. Come se niente fosse accaduto e niente di diverso potesse nemmeno accadere. E’ il cerchio più interno e profondo di una discesa agl’inferi senza redenzione, che ricomincia daccapo, dal punto in cui era partita, come sembra suggerire anche la disposizione circolare degli attori intorno a colei che rappresenta la “Verità”, e la ripetizione della scena. Fino a quel momento il dramma si è mantenuto tutto sommato nei limiti del realismo; adesso però entra in scena un personaggio del tutto inverosimile, l’incarnazione di qualcosa che non c’è, o che è almeno del tutto cangiante e inafferrabile. In questo senso lo scioglimento dei nodi abilmente confezionati da Pirandello assomiglia molto alla comparsa del deus ex machina: qualcosa che ordinariamente è invisibile si lascia vedere; per poi tornare nel buio, non per questo meno reale e potente. Come un fantasma, apparenza che ciascuno vede e nessuno afferra. Questa è la verità. Se per voi va bene.

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