Nostalgia di Dio

«Nostalgia» è, come si sa, dolore del ritorno, sentimento di chi è lontano dalla terra dei padri e dalla casa. Tutti ci siamo dentro fino al collo, al punto che la nostra vita e i nostri comportamenti – lo sappiamo o meno – ne sono interamente determinati: vogliamo tornare a casa. Ma esattamente dove? «Patria» e «casa» che cosa, e dove sono? Il punto è questo: non lo sappiamo affatto bene. Ci confonde il fatto che questo misterioso punto di partenza e di approdo faccia capolino e si declini in una miriade di situazioni ed esperienze, tra le quali lo spettacolo mette in evidenza soprattutto l'elemento famiglia e figli. Tra le tante suggestioni vale la pena ricordare, ancor più per chi ha appena celebrato il Natale, quella del Dio-bambino: un bambino capriccioso, che crea quasi per gioco. Una simile idea è presente in molte tradizioni religiose e nella stessa tradizione cristiana, la quale ne ha certo escluso ogni elemento d'irragionevolezza e arbitrarietà. Il bambino di Betlemme è anzi l'incarnazione del Logos, niente di meno che il senso universale. Rimane comunque un senso che ci supera e pertanto, vista dalla nostra parte, l'esperienza umana assume non di rado i caratteri di una (almeno apparente) assurdità, che ciascuno s'impegna a suo modo a decifrare (detto fra noi: l'incarnazione del Logos «serve» per l'appunto a consentire la corretta decriptazione del reale). Ognuno dei quattro personaggi in scena è quindi impegnato, in un contesto di assoluta ferialità, in una propria sfida, una partita a tennis nella quale il reale rispedisce costantemente la palla nel nostro campo. Il tema gioco si coniuga con la metafora tennistica: da Pindaro/Veronesi («un dio ti guarda, Ierone») a Wallace («Federer come esperienza religiosa»), nei suoi campioni lo sport fa balenare qualche bagliore della superiore padronanza divina, brandello di trascendenza che continua ad affascinare pure troppo i nostri contemporanei. Simona, maestra innamorata dei bambini e desiderosa di procrearne uno, scruta l'infanzia e la sua (di Simona e dell'infanzia) possibile relazione col divino. Francesco, padre separato, vive il dolore della perdita, qualunque perdita, particolarmente della famiglia e degli affetti, ovvero della possibilità di esistere per qualcuno. La ex moglie, Cecilia, «ricercatrice umanistica», appare impegnata a scrutare l'essere, nella sua dimensione di peso e suono. Paradossalmente, il personaggio che appare più convenzionale e meno esplorato nel suo spessore umano e spirituale è Alfredo, il prete, piuttosto rinchiuso nel suo ruolo. I temi toccati sono molti, forse troppi per consentire un approfondimento. La cosa va però a vantaggio di una perfomance brillante, addirittura divertente, che conduce lo spettatore con leggerezza e ironia fino all'happy ending, l'abbraccio finale dei quattro: nonostante tutto, siamo insieme.
Nostalgia di Dio. Dove la meta è l'inizio, testo e regia Lucia Calamaro, Prato, Il Fabbricone, 9-12.1.2020

Commenti

Post popolari in questo blog

Ego sum Via

Le Nozze

Filautia, piacere e dolore nella Questione 58 a Talassio di S. Massimo il Confessore