1 aprile 2010 - Giovedi Santo, In Coena Domini
1Cor 11,23-26
23 Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane 24 e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, per voi; fate questo in mia anàmnesi". 25 Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in mia anàmnesi". 26 Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
23 Ἐγὼ γὰρ παρέλαβον ἀπὸ τοῦ κυρίου, ὃ καὶ παρέδωκα ὑμῖν, ὅτι ὁ κύριος Ἰησοῦς ἐν τῇ νυκτὶ ἧ παρεδίδετο ἔλαβεν ἄρτον 24 καὶ εὐχαριστήσας ἔκλασεν καὶ εἶπεν, Τοῦτό μού ἐστιν τὸ σῶμα τὸ ὑπὲρ ὑμῶν: τοῦτο ποιεῖτε εἰς τὴν ἐμὴν ἀνάμνησιν. 25 ὡσαύτως καὶ τὸ ποτήριον μετὰ τὸ δειπνῆσαι, λέγων, Τοῦτο τὸ ποτήριον ἡ καινὴ διαθήκη ἐστὶν ἐν τῷ ἐμῷ αἵματι: τοῦτο ποιεῖτε, ὁσάκις ἐὰν πίνητε, εἰς τὴν ἐμὴν ἀνάμνησιν. 26 ὁσάκις γὰρ ἐὰν ἐσθίητε τὸν ἄρτον τοῦτον καὶ τὸ ποτήριον πίνητε, τὸν θάνατον τοῦ κυρίου καταγγέλλετε, ἄχρις οὗ ἔλθῃ.
Al centro - della lettura e della vita della Chiesa - sta la consegna di Gesù alla morte, e il fatto che, in questa consegna, il suo corpo diviene "per noi" (v. 24) e il suo sangue suggella la nuova alleanza. Tutto questo (consegna, pane/corpo, vino/sangue) nella Chiesa è oggetto della tradizione (passiva e attiva: si riceve e si trasmette) e della continua memoria attualizzante (memoriale, anàmnesi) nella liturgia. Nella Messa esprimiamo solennemente, professiamo, la fede che la salvezza scaturisce per noi da quella consegna; e che il Consegnato è anche colui che in mezzo a noi deve tornare. Passato, presente e futuro sono definitivamente segnati dal gesto d'amore del Cristo, e ad ogni Eucaristia sempre più profondamente ad esso consegnati, affidàti alle mani trafitte del Crocifisso Risorto.
"Altro indicatore significativo [della presenza dell'ansia] è il rapporto con quella essenziale categoria mondana che è il tempo. Se ogni idolatria genera ansia, uno dei principali fattori ansiogeni (ossia idoli) è infatti senz'altro il tempo. Come passato, mi richiama l'inesorabile trascorrere di tutto, il costante passaggio di tutto il mio mondo, e di me stesso, nella morte. Come futuro, suscita la paura dell'ignoto: il futuro è per definizione incontrollabile e imprevedibile. Come presente, mi stringe nella morsa del tempo mancante, che fugge e inspiegabilmente si dilegua in mille rivoli, senza che mai si possa abitare in pienezza il presente. L'angoscia di fronte a quanto richiama l'invecchiamento, la pianificazione del futuro o, all'opposto, la sua rimozione nel disperato tentativo di agguantare l'attimo fuggente riempiendolo il più possibile di "esperienze", non sono che variazioni su un’unico tema: l'ansia di fronte al tempo." (La via del cuore, p. 24).
Perciò - detto tra noi - far prevalere sulle ragioni della partecipazione alla Messa festiva quelle del tempo mancante, significa fare una professione di fede alla rovescia, proclamando che si vive ancora nel "vecchio eone", in un tempo non redento.
23 Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane 24 e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, per voi; fate questo in mia anàmnesi". 25 Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in mia anàmnesi". 26 Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
23 Ἐγὼ γὰρ παρέλαβον ἀπὸ τοῦ κυρίου, ὃ καὶ παρέδωκα ὑμῖν, ὅτι ὁ κύριος Ἰησοῦς ἐν τῇ νυκτὶ ἧ παρεδίδετο ἔλαβεν ἄρτον 24 καὶ εὐχαριστήσας ἔκλασεν καὶ εἶπεν, Τοῦτό μού ἐστιν τὸ σῶμα τὸ ὑπὲρ ὑμῶν: τοῦτο ποιεῖτε εἰς τὴν ἐμὴν ἀνάμνησιν. 25 ὡσαύτως καὶ τὸ ποτήριον μετὰ τὸ δειπνῆσαι, λέγων, Τοῦτο τὸ ποτήριον ἡ καινὴ διαθήκη ἐστὶν ἐν τῷ ἐμῷ αἵματι: τοῦτο ποιεῖτε, ὁσάκις ἐὰν πίνητε, εἰς τὴν ἐμὴν ἀνάμνησιν. 26 ὁσάκις γὰρ ἐὰν ἐσθίητε τὸν ἄρτον τοῦτον καὶ τὸ ποτήριον πίνητε, τὸν θάνατον τοῦ κυρίου καταγγέλλετε, ἄχρις οὗ ἔλθῃ.
Al centro - della lettura e della vita della Chiesa - sta la consegna di Gesù alla morte, e il fatto che, in questa consegna, il suo corpo diviene "per noi" (v. 24) e il suo sangue suggella la nuova alleanza. Tutto questo (consegna, pane/corpo, vino/sangue) nella Chiesa è oggetto della tradizione (passiva e attiva: si riceve e si trasmette) e della continua memoria attualizzante (memoriale, anàmnesi) nella liturgia. Nella Messa esprimiamo solennemente, professiamo, la fede che la salvezza scaturisce per noi da quella consegna; e che il Consegnato è anche colui che in mezzo a noi deve tornare. Passato, presente e futuro sono definitivamente segnati dal gesto d'amore del Cristo, e ad ogni Eucaristia sempre più profondamente ad esso consegnati, affidàti alle mani trafitte del Crocifisso Risorto.
"Altro indicatore significativo [della presenza dell'ansia] è il rapporto con quella essenziale categoria mondana che è il tempo. Se ogni idolatria genera ansia, uno dei principali fattori ansiogeni (ossia idoli) è infatti senz'altro il tempo. Come passato, mi richiama l'inesorabile trascorrere di tutto, il costante passaggio di tutto il mio mondo, e di me stesso, nella morte. Come futuro, suscita la paura dell'ignoto: il futuro è per definizione incontrollabile e imprevedibile. Come presente, mi stringe nella morsa del tempo mancante, che fugge e inspiegabilmente si dilegua in mille rivoli, senza che mai si possa abitare in pienezza il presente. L'angoscia di fronte a quanto richiama l'invecchiamento, la pianificazione del futuro o, all'opposto, la sua rimozione nel disperato tentativo di agguantare l'attimo fuggente riempiendolo il più possibile di "esperienze", non sono che variazioni su un’unico tema: l'ansia di fronte al tempo." (La via del cuore, p. 24).
Perciò - detto tra noi - far prevalere sulle ragioni della partecipazione alla Messa festiva quelle del tempo mancante, significa fare una professione di fede alla rovescia, proclamando che si vive ancora nel "vecchio eone", in un tempo non redento.
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